Il Comune vuole rimettere la propria quota dentro la Multiutility che è già nella società di depurazione delle acque grazie all'8% di Consiag. Scenario che costringe gli Industriali a prendere una decisione sulla propria partecipazione, pari a poco più del 45%. Sullo sfondo il rischio di nuovi rincari tariffari per le imprese. Ecco gli scenari
In casa Confindustria Toscana Nord è arrivato il momento delle decisioni sul futuro di Gida rispetto alla nascente Multiutility, entrata nella società attraverso l'8% di Consiag. Le ipotesi al vaglio sono diverse come diverse sono le impostazioni che le sovrintendono. Da una parte infatti, ci sono le aziende umide che distretto tessile, prime utilizzatrice del depuratore di Baciacavallo e quindi interessate a mantenere un minimo di controllo e di autonomia sulla società, dall'altra il mondo imprenditoriale di Lucca, Pistoia e della Prato non tessile, che ormai vede questa realtà più come un costoso problema che come una risorsa. Punti di partenza diversi che portano a formulare più ipotesi in casa Ctn: vendere a Multiutility la propria quota e quindi uscire del tutto dalla società, restare nell'assetto attuale ma nella consapevolezza dei suoi limiti rispetto alle normative e ai costi, acquistare dal Comune tutta o una parte della sua quota, pari al 46,92%, per diventare socio di maggioranza e rafforzare la propria autonomia. Quest'ultima appare l'ipotesi più remota per più ragioni. Intanto perché in assenza di prelazione il Comune dovrebbe fare una gara pubblica e poi perché l'intenzione della giunta Biffoni è di rimettere le proprie quote dentro la Multiutility (che così passerebbe a quasi il 55% di Gida) accrescendo, seppur di poco, il proprio peso nella holding dei servizi pubblici e scaricando su questa realtà oneri e onori sugli investimenti impiantistici futuri. Inoltre, i lucchesi e i pistoiesi, non sembrano intenzionati a frugarsi in tasca per pagare questa operazione con il rischio reale – visti i precedenti e la situazione attuale – di dover anche ricapitalizzare l'azienda per rinnovare gli impianti o tappare eventuali falle senza poter più dividere costi e problemi con il Comune.
Restano in piedi, quindi, soprattutto due strade: status quo o vendita. Il dibattito interno è in corso ed è anche piuttosto vivace, per usare un eufemismo. Il presidente di Ctn, Daniele Matteini, non si sbilancia: "Stiamo valutando tutti gli aspetti e la necessità di tutelare le aziende del distretto tessile. Entro due settimane decideremo". Il Comune nel frattempo ha "congelato" le proprie scelte per permettere a Confindustria di riflettere sul da farsi più serenamente in nome di un rapporto di collaborazione di vecchia data ma chiarendo un concetto fondamentale: "Nel caso – afferma il vicesindaco Simone Faggi - si scelga di restare ancorati al vecchio modello che ormai da una decina di anni non regge più e Ctn lo sa bene, se gli esiti non donano più felicità alle imprese non si può chiedere alla parte pubblica di sopperire". Tradotto: l'aumento dei costi in ambito industriale li pagano le imprese, senza appoggi sul civile. Ed eccoci arrivati all'altro nodo cruciale: tariffe e costi.
Nel 2022, a causa dell'impennata dei prezzi dell'energia e dello smaltimento fanghi, portati fuori perché l'inceneritore era in manutenzione, il conto finale è risultato piuttosto salato. Se l'Autorità idrica toscana, che annualmente paga una quota a Gida per la depurazione delle acque civili in convenzione, non si accollerà una parte degli extra costi, il bilancio di Gida rischia di chiudere in perdita di un paio di milioni di euro e le imprese di vedersi ritoccate al rialzo le tariffe per il 2023: "E' già insostenibile così. – afferma Ivo Vignali della omonima rifinizione – Siamo passati da 0,80 euro a 2 euro al mc. Nel 2022 il costo della depurazione per la mia azienda è passato da 220 a 640 mila euro. Pensare di aumentare ancora le tariffe è follia. Si mette a repentaglio la competitività e dunque la vita delle imprese. La colpa è della Regione che ci ha impedito di fare il nuovo termovalorizzatore quando era il momento. Ora ne paghiamo le conseguenze". Stare fuori dall'Autorità idrica toscana ha le sue conseguenze che diventano più marcate in un contesto generale di rincari. Una scelta fatta molti anni fa e poi ribadita in nome dell'autonomia. Tra un paio di settimane capiremo se sarà ancora questo principio a prevalere nelle scelte di Confindustria.
Eleonora Barbieri