Caporalato nell'edilizia, confessa uno degli indagati: svolta nell'inchiesta
La procura ha notificato gli avvisi di conclusione delle indagini agli 11 finiti sotto accusa per il reclutamento e lo sfruttamento degli operai nei cantieri edili e ai due consulenti del lavoro per i quali si ipotizza il reato di falso ideologico. Per la prima volta la responsabilità estesa anche alle società
Passi avanti nell'inchiesta 'Cemento nero' sullo sfruttamento del lavoro nei cantieri edili. Il sostituto procuratore Lorenzo Gestri ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini a tutti gli indagati: dieci arrestati, uno latitante e due denunciati (tra loro italiani, egiziani, marocchini e pakistani). Tra i dieci finiti in carcere alla fine dello scorso maggio, c'è un pentito che non soltanto si è assunto le proprie responsabilità e ha chiesto di patteggiare, ma ha anche fornito alla procura una serie di elementi utili a rafforzare tutte le ipotesi di reato: associazione per delinquere finalizzata all'intermediazione e allo sfruttamento del lavoro, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e impiego di lavoratori irregolari nei cantieri edili gestiti dalle società riconducibili ai tre indagati principali. Non è questa l'unica novità. Ce n'è un'altra: per la prima volta la procura di Prato estende la responsabilità penale anche alle aziende e così facendo punta ad aggredirne il patrimonio realizzato, secondo l'accusa, attraverso il sistema di sfruttamento dei lavoratori. Nel mirino sono finite la Eurocostruzioni 75 di Vincenzo Marchio, 45enne di Crotone, e la Novaedil dei fratelli egiziani Sabri e Said Ahmed Eid, 39 e 41 anni (uno è ancora latitante). A far scattare il provvedimento il fatto che le società sono srl, società, cioè, con un profilo giuridico autonomo a cui, a differenza delle società individuali, si può imputare una responsabilità che, in questo caso, deriva dall'aver tratto profitto dallo sfruttamento lavorativo.
Lunga e complessa l'indagine che ha portato alle undici ordinanze di custodia cautelare in carcere e alla denuncia di due consulenti del lavoro, padre e figlio, accusati di falsità ideologica commessa in qualità di persone addette a un servizio di pubblica necessità. Per due anni gli agenti delle Squadre mobili di Firenze e di Prato hanno seguito i movimenti del sodalizio e il flusso dei lavoratori, hanno intercettato le telefonate, filmato e fotografato l'impiego degli operai messi a lavorare nei cantieri. E' stata la denuncia di un lavoratore egiziano a mettere in moto le indagini che hanno portato a galla un sistema fondato – come hanno descritto gli inquirenti – su turni massacranti, paghe da fame e nessun diritto.