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Cambiare sesso anagrafico senza obbligo di intervento chirurgico, adesso si può ma solo in casi specifici


Fino a poco tempo fa i transgender per vedere riconosciuta la propria identità erano costretti a sottoporsi ad un trattamento chirurgico non sempre voluto, e per alcuni aspetti anche rischioso. Adesso la nuova normativa prevede delle eccezioni per chi soffre di disforia


Redazione


La rubrica “Giustizia a portata di click” è curata dall'avvocato Valeria Rinaldi. Negli articoli saranno trattati e spiegati alcuni casi specifici, cercando di fornire un'utile guida per districarsi tra norme e codici della giustizia italiana. Chi avesse un quesito da sottoporre all'avvocato Rinaldi può inviare una mail a [email protected] . Naturalmente sarà garantito l'anonimato.

La disforia di genere. I transgender, che spesso suscitano ilarità e scherno, soffrono di un profondo e serio disagio che li ha portati a condurre una lunga battaglia per il riconoscimento dei propri diritti.
La disforia di genere è una discrasia tra la propria psiche ed il proprio corpo sì forte da causare nel soggetto che ne è afflitto un vero e proprio disturbo esistenziale, poiché sente che quel meccanismo di attribuzione automatica e scientifica del sesso di appartenenza, avutosi al momento della nascita non torna, e decide di manifestare all'esterno ciò che in realtà vive dentro di sé da tempo.
Il passo in avanti. Forse non tutti sanno che coloro ai quali viene diagnosticata una disforia di genere, prima della storica sentenza di qualche mese fa della Cassazione, dovevano necessariamente sottoporsi ad un drastico intervento chirurgico che determinasse l’ablazione-ricostruzione dei caratteri sessuali primari del soggetto in quanto, la Legge che regola la materia n. 164/1982, veniva interpretata in questo senso.
Si trattava di una interpretazione del tutto anacronistica e incostituzionale, poiché costringeva i transgender ad un trattamento chirurgico non sempre voluto, e per alcuni aspetti anche rischioso, qualora volessero ottenere il riconoscimento della propria personalità, nonostante appartenessero già in tutto e per tutto al sesso opposto.
A seguito della sentenza n. 15138/15 del luglio scorso invece, il transgender potrà adire il Tribunale competente e chiedere al giudice di rettificare il sesso anagrafico in conformità all’intimo sentire della propria coscienza, modificando anche il nome e tutta la documentazione successiva e dipendente, e ciò anche senza aver mutato i propri caratteri sessuali primari attraverso l’intervento chirurgico.
Requisiti. Sebbene la Cassazione abbia reso superfluo l’intervento chirurgico che prima era passaggio obbligato, tuttavia per ottenere la rettifica dell’identità sessuale, non basterà però addurre la conclamata e diagnosticata disforia di genere, poiché in queste situazioni vi è anche un interesse pubblico alla esatta differenziazione dei generi maschile e femminile, in modo da non creare situazioni relazionali non previste dal nostro diritto (es. unioni matrimoniali omosessuali ).
E’ necessario infatti che vi sia già stato un cambiamento sia a livello psichico, che a livello fisico e sociale, irreversibile, la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale deve essere appurato dal Giudice, anche mediante accertamenti tecnici in sede giudiziale. Il percorso che lo porti a vivere coerentemente con la propria identità di genere intrapsichica deve essersi completato in maniera irreversibile.
Dunque il transgender che vorrà ottenere la rettifica della propria identità sessuale, dovrà dimostrare che ha adeguato la propria identità fisica in maniera tendenzialmente irreversibile, ad esempio dimostrando come la terapia ormonale ovvero i mutamenti dei caratteri sessuali secondari siano definitive, l’identità psichica, avendo definitivamente accettato di appartenere a quel genere, e l’identità sociale intesa come la cognizione che gli altri, e le persone care, hanno di noi come appartenente al genere opposto rispetto a quello cromosomico attribuito alla nascita. La sussistenza di tutti e tre questi aspetti dimostra che il transgender ha completato il proprio mutamento dell’identità di genere in maniera definitiva e quindi non resta che rettificare lo status anagrafico.
In conclusione, sebbene l’argomento interessi una minoranza della popolazione, è importante sottolineare che si tratta di una sentenza storica e di un passo importantissimo nell’evoluzione della coscienza legislativa, che si spera determinerà anche un’evoluzione nella coscienza civile e sociale di tutti i cittadini ancora troppo indietro nella considerazione discriminatoria del transessualismo.

Valeria Rinaldi
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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
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