"Siamo qui con il cappello in mano, siamo qui a dire che senza fiducia non si va da nessuna parte. Non vi dico fidatevi di noi alla cieca, vi chiedo una fiducia razionale costruita sui numeri del bilancio". Francesco Iorio, amministratore delegato della Banca popolare di Vicenza, è arrivato a Prato oggi, giovedì 11 febbraio, per incontrare gli azionisti toscani riuniti al teatro Politeama. Un esercito di soci delusi, arrabbiati e con il portafogli più leggero dopo il deprezzamento delle azioni che da 62 euro e 50 centesimi sono scese a 48. Uno scivolo non ancora arrivato in fondo: lo sbarco in Borsa, secondo gli esperti, farà crollare il valore sotto i 10 euro. Una platea chiamata a decidere cosa farne di questa banca. Chiamata ad esercitare un dovere e un diritto: "Avete il dovere di tutelare la banca – ha detto Iorio agli azionisti – e avete il diritto di darle un destino".
Un destino che si compirà il 5 marzo quando l'assemblea dei soci dovrà votare la ricapitalizzazione da un miliardo e mezzo e l'ingresso in Borsa. Altre strade non ci sono. O meglio ci sono ma l'ad preferirebbe non intraprenderle: “La legge dice che possiamo ridurre l'attivo sotto 8 miliardi e quindi rinunciare a trasformarci in spa ma mi chiedo se ha un senso – ha spiegato Iorio – oppure andare verso la liquidazione che è legittima ma significa non prendere niente e non avere prospettive di rilancio”.
Lo sbarco in Borsa è una scelta che vale un miliardo e mezzo di euro: “Un conto salatissimo da cui non si scappa – il commento di Francesco Iorio – e allora come possiamo fare? Aumento del capitale e quotazione in borsa”. Aumento di capitale paragonato al treno deragliato che torna sui binari. E poi? “Per far ripartire il treno serve fiducia”. Fiducia uguale soldi. La raccolta è diminuita ma il numero dei clienti è rimasto più o meno lo stesso: “La gente ha portato via parte dei soldi che aveva da noi – la spiegazione – abbiamo assistito ad uno spostamento di denaro. Lo hanno fatto soprattutto i clienti, assai meno i soci”.
Con passione e trasporto ha parlato ai soci, molti dei quali legati a doppio filo alla banca: “Quando la Bce è venuta per l'ispezione ha trovato che una parte del capitale risultava acquistato dai soci attraverso finanziamenti erogati dalla banca stessa. Prima 500 milioni, poi siamo arrivati a un miliardo e 100 milioni”. Azioni. Azioni comprate dai soci e dai clienti diventati in questo modo soci: "Le azioni non torneranno a valere 48 euro nemmeno tra trent'anni, ma dobbiamo decidere che fare".
Rumorosa la platea: "Le abbiamo pagate 62 euro e 50 centesimi, e forse in Borsa non varranno più di 7-8 euro". C'è questo alla base della disaffezione, della contrazione della raccolta, della rottura di un patto di fiducia che Iorio e il nuovo presidente Stefano Dolcetta vogliono provare a ricostruire. Qui come nel resto d'Italia. Fiducia è la parola d'ordine. Una banca che può salvarsi, che deve chiudere i conti con il passato. Ma le ferite degli azionisti sono ancora troppo fresche. "Chiediamo al mercato un miliardo e mezzo, vogliamo trovarlo senza ricorrere alle pregaranzie che ci ha rilasciato Unicredit per l'inoptato perché significherebbe che siamo noi i primi a non credere nella nostra banca". Ricapitalizzare attraverso i soci e attraverso i fondi "perché più i fondi vorranno questa banca, più alto sarà il suo valore".
Iorio ha preso le distanze dalle "quattro banche fallite": "La differenza tra noi e loro è quella che corre tra Polo sud e Polo nord. La banca non fallisce, lo stato patrimoniale non è da fallimento".
Nuova era, l'ad ha assicurato che la Bpvi di oggi non è quella di ieri. "Ho rinnovato il management – ha spiegato Iorio – dei sedici manager che ho trovato ne sono rimasti due. A sbagliare non sono state le persone ma l'azienda".
Non basta questo ai soci che vorrebbero veder promossa un'azione di responsabilità. "Deciderà il prossimo cda – la risposta – ora c'è bisogno di più calma e meno pancia". Un parallelo di difficile comprensione per quegli azionisti che hanno perso molto dei loro risparmi e che come rassicurazione hanno trovato nel bilancio pubblicato da Bpvi due giorni fa 150 milioni per i tavoli di conciliazione. Si è preso più o meno trenta minuti, Iorio, per convincere i soci a riporre nuova fiducia perché altre strade non porterebbero da nessuna parte. “Abbiamo capito poco e niente di quello che è venuto a dirci – il commento di tanti – capiamo che lui è il nuovo ma il vecchio non si cancella così, siamo rimasti con carta straccia in mano e ora dovremmo continuare a metterci soldi”?
Imprenditori, professionisti, piccoli risparmiatori, pensionati. C'è chi ha perso qualche migliaio di euro e chi molti, molti di più. “Fiducia a chi? Gli unici a pagare caro il conto di tutto questo siamo noi, il popolo”.
Per dieci azionisti che dicono no, se ne conta forse uno che invece è pronto a scommettere sul futuro della Bpvi: “Tra perdere tutto e provare a riprendere qualcosa preferisco la seconda – dice un piccolo risparmiatore – darò una mano alla mia banca ma è l'ultima volta”.
Il coro di “vergogna”, “che chiuda, chi se ne frega”, “grazie per avermi lasciato in mutande” è decisamente più nutrito. "Avete venduto aceto per Brunello di Montalcino e ora cosa volete? La banca chiude? Chiuda, tanto peggio di così”. E ancora: “Ci ho messo 50mila euro che ora sono pezzi di carta straccia che non hanno nessun valore. Mi sono visto elargire fidi a fronte di azioni, mi è stato detto che questo era l'affare della vita. E ora sono senza soldi, senza lavoro e in più ho 25mila euro di obbligazioni che non riesco a riscuotere”. Un altro imprenditore: “Toglietevi l'arroganza di dosso e riportateci i quadri”. Ecco, i quadri della Galleria degli Alberti. Un patrimonio artistico che è passato da Cariprato a Bpvi, da Prato a Vicenza anche materialmente: “Se ce li riportate ci date un messaggio di vicinanza, un messaggio che stiamo tutti dalla stessa parte”. Iorio si è detto possibilista.
E i quadri sono stati al centro anche del confronto tra i vertici della Bpvi e il sindaco, nel pomeriggio, in Palazzo comunale. Presenti anche le categorie economiche e le parti sociali a cui Iorio e Dolcetta hanno illustrato la situazione e il piano di rilancio che passa dalla quotazione in Borsa. “Abbiamo parlato anche dei quadri – ha detto Biffoni – sarebbe un segnale di distensione con la città se tornassero a casa. Quanto al resto, la Popolare di Vicenza dovrà prendere impegni seri e precisi con soci e clienti, dovrà rimettere in piedi la fiducia e in che modo è un problema che riguarda loro”. Ma lei sindaco parteciperebbe alla ricapitalizzazione se fosse un azionista Bpvi? “Davanti a un patto vero fatto di garanzie e senso di responsabilità ci penserei”.
Assemblea BpVi, il dg Iorio chiede fiducia ma tra gli azionisti pratesi prevale la rabbia
Clima acceso durante l'assemblea al Politeama: in pochi disponibili a finanziare ancora la banca con l'aumento di capitale. Le azioni destinate a crollare ulteriormente. Il sindaco: "Facciano intanto tornare i quadri a Prato come segnale di distensione"
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